giovedì 23 agosto 2012

Niente IVA su grandi opere: ONLIT (Balotta): " Porta al default"


L’idea di togliere le infrastrutture in project financing dal peso dell’Iva del Vice ministro Mario Ciaccia è un rimedio peggiore del male  e porterebbe al default. Il vice Ministro si dimentica che siamo nel Paese dove il project financing è già fallito (dati Cresme e Bei), tra il 1990 e il 2009 in Europa sono stati realizzati 1.340 progetti. Di questi (in valore) il 53% è stato realizzato in Gran Bretagna, il 12% in Spagna, il 5 e 4% rispettivamente in Francia e Germania, in Italia solo il2 % .Anche l’idea di spendere per spendere per creare ricchezza e occupazione è già stata praticata gli anni passati visto che l’ammontare della spesa pubblica per infrastrutture è sta uguale o superiore a quelle degli altri  Paesi dell’eurozona ed ha provocato la grave situazione debitoria ed occupazionale in cui ci troviamo. Si vorrebbe rilanciare l’economia con le stesse scelte e ancor più colpevolmente con gli stessi meccanismi irresponsabili e in assenza di competizione che hanno caratterizzato la spesa pubblica nazionale. Meglio sarebbe mettere in campo nuovi criteri di valutazione delle opere tecnici-economici per assicurare cosi scelte di priorità con una domanda che ne giustifichi la necessità e la redditività finanziaria. Priorità e meccanismi innovativi sottrarrebbero le nuove infrastrutture da ogni appetito localistico e clientelare. Cosi si vuole perpetrare la dispersione improduttiva di consistenti risorse pubbliche, quelle della Cassa depositi e prestiti e di quelle spesso ininfluenti dei privati. Questa incredibile proposta sostenuta da alcune lobby economiche e politiche è  già stata bocciata dal ministero dell’economia nel maggio scorso quando la si voleva far entrare nel decreto sviluppo  perché ritenuta con ritorni economici aleatori e irrealistici.
 Milano 23 agosto 2012

giovedì 19 aprile 2012

Governo ed Enac contraddicono antitrust, contratto di programma azzera riduzione tariffe sulla Milano-Roma

Cisl e Uil trasporti tutelano aree corporative e non pensano allo sviluppo 

 Il governo forte del decreto “cresci Italia” sta per fare un grosso regalo allo sviluppo dei ricavi aeroportuali di Milano e quindi al Comune e a F2i, suoi azionisti. Un provvedimento anticoncorrenziale, che sulla base di futuri e generici miglioramenti infrastrutturali contenuti nel contratto di programma,  autorizza forti aumenti tariffari ai gestori monopolisti dei tre maggiori aeroporti italiani Milano, Venezia e Roma. Questi incrementi rischiano di vanificare gli effetti della delibera dell’antitrust di parziale liberalizzazione della tratta Linate-Fiumicino. Se l’Antitrust fa un passo avanti, Governo ed Enac ne fanno uno indietro. I diritti aeroportuali aumenteranno ben oltre il tasso di inflazione (30-40%). Gli aumenti dovrebbero finanziare lo sviluppo aeroportuale tra  cui la terza pista di Malpensa. Qualche giorno fa tuttavia la Sea ben conscia dell’insostenibilità economica e ambientale di quell’opera, che doveva essere il cardine del contratto di programma, ne ha rinviato a futura memoria il progetto. Ma ad una vittoria ambientalista  c’è una sconfitta del mercato. Se da una parte non  verranno  sacrificati centinaia di ettari di parco del Ticino, dall’atra verrà chiesto alle compagnie aeree ed ai passeggeri di sostenere surrettiziamente un investimento che non verrà mai realizzato. Il bilancio della Sea ne trarrà beneficio, solo la sua ulteriore quota di vendita, senza migliorare la qualità dei servizi e sviluppare le attività aeroportuali. Sbagliano Cisl e Uil dei trasporti in un Paese normale non avrebbe mai rilasciato inutilmente un monopolio per legale ad Alitalia. I risultati fallimentari son li da vedere: Alitalia peggiora e Malpensa è vuota. E neanche avrebbe concesso dispendiosi quanto corporativi ed iniqui  ammortizzatori sociali  rispetto agli addetti dell’industria. Non si erano mai viste Cig di 7 anni ed indennità per alcune categorie quattro volte i valori di legge.  Finchè non si separerà l’ammortizzatore sociale dal destino delle aziende obsolete non ci sarà sviluppo del settore ed equità sociale. Obiettivi che dovrebbero essere in testa alle strategie del sindacato in una fase di crisi delle risorse pubbliche e di recessione come questa.

Dario Balotta presidente ONLIT 
Milano 19 aprile 2012

mercoledì 18 aprile 2012

SEA:AUMENTO TARIFFE AEROPORTUALI INGIUSTIFICATOAZZERATA DELIBERA ANTITRUST DI LIBERALIZZARE LA MILANO-ROMA

Il governo forte del decreto “cresci Italia” sta per fare un grosso regalo allo sviluppo dei ricavi aeroportuali di Milano e quindi al Comune e a f2i, suoi azionisti. Un provvedimento anticoncorrenziale che, sulla base di futuri e generici miglioramenti infrastrutturali contenuti nel contratto di programma,  autorizza forti aumenti tariffari ai gestori monopolisti dei tre maggiori aeroporti italiani Milano, Venezia e Roma. Questi incrementi rischiano di vanificare gli effetti della delibera dell’Antitrust di parziale liberalizzazione sulla tratte Linate-Fiumicino. Se l’Antitrust fa un passo avanti, Governo ed Enac ne fanno uno indietro. I diritti aeroportuali aumenteranno ben oltre il tasso di inflazione (30-40%). Gli aumenti dovrebbero finanziare lo sviluppo aeroportuale tra  cui la terza pista di Malpensa. Qualche giorno fa tuttavia la Sea ben conscia dell’insostenibilità economica e ambientale di quell’opera, cardine del contratto di programma, ne ha rinviato a futura memoria il progetto. Ma ad una vittoria ambientalista  c’è una sconfitta del mercato. Se da una parte non verranno  sacrificati centinaia di ettari di parco del Ticino, dall’altra verrà chiesto alle compagnie ed in ultima analisi ai passeggeri di sostenere un investimento che non verrà mai realizzato. Il bilancio della Sea ne trarrà beneficio in un momento di profonda crisi senza migliorare la qualità dei servizi.
 

mercoledì 28 marzo 2012

A MALPENSA L’IMPRIMATUR EUROPEO NON E’ BASTATO PER IL SUCCESSO - LINATE TORNA AD ESSERE L’HUB MILANESE

POCO SVILUPPO, TANTA CASSA INTEGRAZIONE E COLLEGAMENTI SOTTOUTILIZZATI 

Non è bastato il  co-finanziamento di 200 milioni di euro ed il sostegno politico della comunità europea per assicurare il successo di Malpensa 2000. Voluta senza se e senza ma, a costi pubblici, (1,5 milioni di euro, un mld per il nuovo scalo e mezzo mld per i collegamenti) e ambientali enormi, a 13 anni dalla sua apertura eccone il bilancio:

·         il traffico di passeggeri è passato dai 20,7 milioni di passeggeri del 2000, ai 19,3milioni del 2011, ma i passeggeri, previsti dalla Cranfield University incaricata dalla Ue, dovevano essere  già 33 milioni al 2003!
·         c’era la previsione di 143 mila posti di lavoro del Comitato Malpensa 2000, ma oggi ne abbiamo meno di 48 mila. Quel che è ancor più grave è che questa (poca) occupazione è sostenuta da 5 anni con la cassa integrazione alla Sea (gestore aeroportuale). Senza contare altre migliaia di addetti ai servizi, al commercio e la costosissima ed iniqua CIG dell’Alitalia (durata di sette anni e stipendio percepito come se si fosse al lavoro) a cui in questi giorni si sono aggiunti gli addetti di Air France, dopo gli spostamenti dei suoi voli da Malpensa a Linate. Solo la Fiat sa far   peggio.
Tutto ciò nonostante  la Sea gestisca  un monopolio naturale nell’area più ricca e trafficata, per persone e merci, del paese. Dunque uno dei nostri più grandi investimenti infrastrutturali del secolo scorso ha prodotto questi meno che modesti risultati! Ancora, di Hub in Italia alla fine ce n’è solo uno: Fiumicino. A questo proposito, confrontando i transiti dei passeggeri da un aereo all’altro, cioè la vera funzione di Hub, il numero dei passeggeri di Malpensa è di circa 272 mila  l’anno, mentre quello del vecchio scalo di Linate è incredibilmente superiore con 393 mila, nonostante sia stato lasciato da anni in pessime condizioni e senza manutenzione, visto che  gli investimenti si sono concentrati, inutilmente, sulla grande  Malpensa. Scalo che oggi è stato costretto ad ospitare una grande compagnia low cost al terminal 2, che necessita di pochi servizi, al posto di altre che richiedevano più servizi e quindi generavano maggiore occupazione. Anche il contorno infrastrutturale non è roseo e meriterebbe una riflessione. Sulla bretella di collegamento della A4 Torino – Milano, all’altezza di Boffalora, con lo scalo della brughiera ( ss 336)  semivuota, si calcolano 11  mila veicoli al giorno, quando la sua capacità è di 80 mila. Da un anno è arrivato anche  un secondo collegamento ferroviario con la  stazione Centrale,  che si aggiunge a quello con la stazione di Cadorna. La frequentazione dei treni è sempre stata bassa, visto il  pessimo load factor. Non solo, ma le frequenze dei treni in questi ultimi anni sono cresciute con il  diminuire dei passeggeri di Malpensa.  I costi di esercizio di questi  treni  sono sostenuti dalla mano pubblica,  usando il badget dei treni pendolari, nonostante l’adozione di tariffe commerciali e la possibilità di affidare a privati, e senza sussidi, la gestione del servizio ferroviario. Dopo la costruzione della Malpensa è invece “esploso” l’aeroporto di Bergamo (stretto tra le case), che è passato da 1 milione di passeggeri del 2001  a 8,4 milioni anno del 2011. Conclusione. Non sempre le cose vanno come sono prospettate dai governi (neppure da Bruxelles) e quindi, prima di nuovi grandi investimenti e nuove cementificazioni come in Val Susa o sul terzo valico, meglio sarebbe un supplemento di valutazione con criteri scientifici (analisi costi-benefici) ed indipendenti, appunto quello che è mancato per Malpensa 2000.
Dario Balotta

mercoledì 21 marzo 2012

LA TUNNEL MANIA ITALIANA: VAL SUSA, TERZO VALICO E BRENNERO COLLEGATI ALL’EUROPA CI TERRA’ IL TRAFORO DEL GOTTARDO IGNORATO DAL GOVERNO ITALIANO

    A tenerci “collegati” con l’Europa e a tentare di riequilibrare il  trasporto merci, non saranno il nuovo traforo in Val Susa, il terzo valico o il Brennero, ma potrebbe essere  la Svizzera che sta ultimando il traforo ferroviario del Gottardo. Questo  “regalo,” servito su un piatto d’argento, è  ignorato però dalle autorità nazionali. Anziché potenziare la rete nazionale per poter  accogliere i futuri treni dal nord Europa fino alla destinazione finale, saremo  costretti, come già accade, a trasbordare sui Tir le merci, appena  passato il confine svizzero.  Infatti senza scali merci attrezzati, con una flotta di locomotori e carri merci obsoleti e con le “ FS cargo” costose ed inefficienti,  continuerà l’ invasione  dei TIR.
La priorità nazionale, scordata da Monti, è quella di avere una rete funzionale ed un sistema competitivo di compagnie ferroviarie, capaci di rendersi alternative al trasporto su gomma.  Il paradosso sarà che,  oltre ai costi (20-25 Mld) dei  nuovi tunnel  della Val Susa, del terzo valico (Genova-Tortona)e del Brennero, dovremo sostenere anche i costi economici ed ambientali per nuove strade. Già oggi infatti per ogni km di strada, circolano 14 camion, mentre in Francia e Germania ne circolano solo 6, non per caso la  quota di trasporto merci su ferro italiana è la più bassa del vecchio continente con un misero 7%. Per decidere un tunnel gli svizzeri hanno fatto un referendum e trovato un meccanismo di finanziamento innovativo (65% a con una tassa sui Tir,25% di accisa sulla benzina e 10% Iva) mentre noi per farne tre abbiamo utilizzato la premiata ditta dei noti suggeritori (costruttori e lobby varie) che puntano ancora  nonostante l’era Monti sul collaudato sistema del debito pubblico.
DARIO BALOTTA
presidente ONLIT
Milano 21 marzo 2012

venerdì 16 marzo 2012

ONLIT SU VENDITA SEA

Di giorno si fanno i convegni sulle privatizzazioni e la notte si telefona agli amici degli amici per confezionare capitolati di gara ad hoc. E' evidente che è sempre più urgente, soprattutto ora che gli Enti locali vendono l'argenteria di famiglia, una legge anticorruzione. E' inutile imporre al Paese "lacrime e sangue" e lasciare che i "mariuoli" scorrazzino allegramente per la Penisola e che il ricco settore delle utility sia in balia di sé stesso in questa fase estremamente delicata.
Le indagini della magistratura sulla vendita della Sea richiamano la necessità di non trasferire, senza un contesto normativo, da mani pubbliche a quelle private aziende monopolistiche e con rendite di posizione. Se si vuole rilanciare il Paese la ricetta deve essere quella di mettersi tutti in discussione, lasciando spazio all'iniziativa concorrenziale e alla  meritocrazia, con regole certe e stabili.

DARIO BALOTTA
Presidente ONLIT
milano 16 marzo 2012

mercoledì 7 marzo 2012

NON SIAMO FUORI DALL’EUROPA SENZA IL TUNNEL IN VAL SUSA

NEL XXI SECOLO LE GRANDI OPERE NON INCARNANO PIU’ LA MODERNITA’ - A MALPENSA L’IMPRIMATUR EUROPEO NON E’ BASTATO
L’Italia non è staccata dal resto d’Europa, anzi già oggi è al centro dei traffici terrestri europei nord-sud ed è già la piattaforma logistica mediterranea del vecchio continente con enormi potenzialità. Non lo è del tutto pero’ i numerosi porti italiani solo parzialmente riescono ad intercettare i traffici tra il nord-Europa ed i paesi emergenti. Ciò è spiegato dai  fondali dei nostri “cento” porti  troppo bassi, rispetto a quelli degli altri grandi porti del mare del nord, dai loro allacciamenti stradali e ferroviari congestionati, dalle banchine troppo corte, da costi di gestione proibitivi, dalla burocrazia e dagli iter doganali scoraggianti, dall’organizzazione logistica tecnologicamente inadeguata e, per finire, dal pressoché impossibile ingresso sulle banchine (vuote) di nuove imprese portuali.
I porti, come i terminal, sono lo specchio dell’inefficiente assetto logistico nazionale che abbassa la capacità competitiva delle nostra economia, frutto di un processo distributivo delle merci congestionato, squilibrato, inquinante e costosissimo come la stessa Banca d’Italia ha più volte dimostrato. Così il transhipment mondiale evita i nostri porti.
 Al presidente del consiglio Mario Monti che dice “Non si stacchi la penisola dall’Europa” chiediamo se si ricorda che gli svizzeri sulla più importante direttrice storica e di prospettiva, quella transalpina, stanno per concludere il tunnel ferroviario del Gottardo. Stiamo per essere agganciati più di ieri con l’Europa a spese (enormi) degli svizzeri, che non vogliono essere più “attraversati” dai Tir. Questo tunnel ritenuto utile da tutta la comunità scientifica dal costo di 14 MLD e lungo 57 km è stato finanziato al 25% con le accise sui carburanti, al 10% dall’Iva e per il 65% con una tassa sul traffico pesante. Perché non finanziamo così anche noi il tunnel in Val Susa? Perché non utilizziamo questo modo di finanziamento anziché il ricorso al debito pubblico. 
Di fronte al nuovo Gottardo che cosa facciamo in Italia? Anziché predisporre un intervento di potenziamento sulle infrastrutture ferroviarie capace di far proseguire i convogli sulla strada ferrata fino ai porti ed ai nostri mercati di consumo veniamo fulminati dalla modernità e pensiamo di superare la crisi con una nuova grande opera. I giapponesi con questa politica si sono infilati in una crisi drammatica. I sostenitori della modernità pensano a politiche economiche anticicliche del ‘900 e pensano che basti un tunnel per uscire dall’accerchiamento e dalla crisi. Invece così entriamo di nuovo nel tunnel della crisi e si vanifica quanto di buono sta facendo il Governo.
Ma perché se già oggi non sappiamo affrontare i futuri (e sicuri) traffici del nord Europa ci dobbiamo svenare in Val Susa per fare un piacere ai francesi? Loro sì sono tagliati fuori dai traffici con il Nord Europa e con l’Est europeo!
Ma vediamo cosa si troveranno gli svizzeri dopo l’apertura del Gottardo. Le Fs hanno chiuso 220 scali merci in 4 anni passando da 396 del 2006 a 176 del 2009. La nostra rete è il fanalino di coda europeo con una quota del 7% di trasporto merci su ferro contro il 14 francese il 15 tedesco e una media UE del 12%. Nel 2008 l’82% dei treni merci ha viaggiato con oltre 60 minuti di ritardo. Ed ecco il perché non siamo fuori dai collegamenti con l’Europa: i transiti stradali e ferroviari tra l’Italia e la Svizzera sono aumentati tra il 2000 e il 2009 del 16%, mentre quelli con la Francia sono crollati del 42%. Difficile pensare sia strategico avere nuove capacità di valico con il tunnel della Val Susa con queste pessime performance e  con una deludente gestione del settore merci di FS Cargo. L’obiettivo prioritario odierno è quello di non essere solo attraversati dai traffici ferroviari e stradali ma di costituire, appunto  una piattaforma logistica che movimenta ed arricchisce il trasporto delle merci alzandone il valore aggiunto riducendone i “soli” transiti sul nostro territorio. 
Infine c’è l’Europa. Non basta il suo Ok per fare opere utili. Un esempio è la Malpensa, voluta senza se e senza ma (anche dal sottoscritto) a costi pubblici e ambientali enormi. A 13 anni dalla sua apertura eccone il bilancio: il traffico di passeggeri è passato dai 20,7 milioni di passeggeri del 2000, ai 19,3milioni del 2011, ma i passeggeri previsti dalla Cranfield University incaricata dalla Ue erano 33 milioni al 2003! C’era la previsione di 143 mila posti di lavoro del Comitato Malpensa 2000, ma oggi ne abbiamo meno di 50 mila. Quel che è ancor più grave è che questa (poca) occupazione è sostenuta
da 5 anni con la cassa integrazione. solo la Fiat sa fare peggio. Peccato che la Sea gestisca  un monopolio naturale. Uno dei nostri più grandi investimenti infrastrutturali del secolo scorso ha prodotto questi meno che modesti risultati! Ancora, di Hub in Italia ce n’è solo uno: Fiumicino. Confrontando i transiti dei passeggeri da un aereo all’altro cioè la vera e  propria funzione di Hub, il numero dei passeggeri di Malpensa è inferiore anche a quella del vecchio scalo di Linate lasciato senza manutenzione perché gli investimenti si sono concentrati su Malpensa. E dopo la costruzione della Malpensa è “esploso” Bergamo e si è aperta un’altra cattedrale nel deserto, lo scalo di Brescia. Si può sbagliare! Basta non essere diabolici e perseverare, se no i nostri pronipoti continueranno a pagare i nostri debiti e le nostre scelte sbagliate.
Dario Balotta
Presidente Onlit
Milano 7 Marzo 2012

giovedì 1 marzo 2012

SCIOPERO TRASPORTI: GUARDANDO INDIETRO?

L’Italia paralizzata e colpita da alluvioni e neve, da blocchi dei tir e dei tassisti, e nel pieno di una delicata fase di rianimazione istituzionale ed economica fronteggia domani anche uno sciopero di tutte le categorie dei trasporti. Quali sono le motivazioni che hanno spinto i sindacati a paralizzare di nuovo l'Italia?

Una prima lettura di questa piattaforma la colloca a metà tra una somma di interessi categoriali corporativi e un pluralismo organizzato degli interessi. Insomma vien fuori non solo lo specchio della crisi in cui è immerso il nostro Paese ma anche quella delle associazioni sindacali che non hanno ancora imboccato la strada del rinnovo e del rilancio delle politiche confederali. Per i sindacati starebbe per nascere un’autority dei trasporti con troppi poteri anche quelli di programmazione. Ma le leggi nei vari settori per regolare il mercato (energia, trasporti, , utility ecc.) non le fa il Parlamento? Ogni settore chiede di essere escluso dai tagli anzi chiede più risorse per la ricerca, la scuola, la sanità, l’ambiente, la tutela idrogeologica, gli enti locali, l’assistenza sciale, le infrastrutture. Chiedere nessun taglio e più risorse al settore di appartenenza come il trasporto pubblico è legittimo anche per la necessità di togliere dalla congestione e dalla cappa di smog centinaia di città italiane. In questa fase di crisi il tema dei o che c’è un contratto, quello della mobilità (ferrovieri e autoferrotranvieri), scaduto da tre anni.  Fatto sta che l’accorpamento di questi due contratti, voluto anche dal monopolista ferroviario, rischia di diventare un peso per i cambiamenti organizzativi e retributivi del settore ferroviario. La cosa singolare è che, di fatto, per questo contratto scioperano tutti i lavoratori dei trasporti anche quelli meno tutelati (ausiliari del traffico, addetti alle cooperative di trasporto, all’autonoleggio, ai servizi di pulizia ecc.). Se fossero ancora al lavoro avrebbero scioperato anche gli addetti alla wagon lits per i quali oggi non sciopera nessuno! Anche lo scorporo di RFI dalla Holding del gruppo FS è uno dei motivi di sciopero. Perché le reti elettrica, telefonica e del gas stanno intraprendendo un processo di separazione societaria tra infrastruttura e gestione (secondo le direttive europee) e la rete ferroviaria dovrebbe esserne esclusa? Come si salva il declino ferroviario se non con profonde innovazioni gestionali ed organizzative? Il vecchio assetto non è più rispondente agli anni 2000. Del resto, non è in pieno monopolio che si è consumato il declino sociale ed economico delle ferrovie? Vi è un forte obiettivo sociale e sindacale e condivisibile nella piattaforma ed è quello di un fondo  sociale che serva  per affrontare i futuri processi di ristrutturazione delle aziende sia per quanto riguarda gli aspetti normativi che per quanto riguarda quelli  economici. Prima si cambiare l’assetto organizzativo dei trasporti va definito il nuovo ammortizzatore del settore. Pierre Carniti ha scritto che “questa è la fase in cui vanno tenuti sotto controllo gli spiriti animali del nuovo ciclo storico per evitare l’eutanasia del sistema capitalistico”. Dal sindacato confederale, che non si deve far tirar troppo per la giacchetta da quello autonomo, ci aspettiamo che resti fuori dagli “spiriti animali” del si salvi chi può ma che usi tutta la sua forza  progressista  per un politica di nuova confederalità più attenta alle differenze (troppe) del mondo del lavoro e che punti allo sviluppo di trasporti più sostenibili.     
 Dario Balotta presidente ONLIT                  Milano 1 marzo  2012

mercoledì 15 febbraio 2012

TARIFFE AEROPORTI,” Semplifica-Italia”: ONLIT; mano destra non sa cosa fa la mano sinistra.

In arrivo un regalo tariffario per le gestioni monopoliste dei primi tre aeroporti d’Italia: Roma, Milano e Venezia
Con il decreto ”semplifica-Italia” sembra che la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra. In aperto contrasto con il decreto sulle liberalizzazioni e con il tentativo di limitare gli extra-profitti dei monopoli aeroportuali pubblici e privati, viene individuata una corsia preferenziale per attuare gli aumenti tariffari dei tre principali aeroporti italiani di Roma, Milano e Venezia. Il contrario di un meccanismo capace di incentivare maggiore efficienza dei servizi forniti alle compagnie aeree. Per accelerare l’approvazione dell’aumento delle tariffe aeroportuali, l’art. 22 del decreto prevede un iter abbreviato per l’approvazione delle convenzioni dei piani di investimento tra concessionario ed Enac. In sostanza sulla base di piani di investimento dei gestori aeroportuali autoreferenziali, faraonici e futuribili, come ad esempio le nuove piste di Fiumicino e Malpensa,  vengono  autorizzati ulteriori aumenti tariffari. Già le tariffe sono ben al di sopra della qualità dei servizi offerti alle compagnie aeree, con questo nuovo aumento si allargherebbe ulteriormente il gap con gli aeroporti del nord-Europa, facendo perdere, anziché aumentare, la competitività turistica ed economica del nostro Paese. Non solo ma il decreto  discrimina gli altri aeroporti che con tariffe già nettamente più basse devono recuperare le risorse per i propri piani di investimento.
 Dario Balotta   Presidente ONLIT
Milano, 14 FEBBRAIO 2012

sabato 11 febbraio 2012

le grandi aziende di TPL in Italia sono inefficienti, costose e poco produttive

FERPRESS) – Roma, 9 FEB – Dario Balotta, presidente dell’ONLIT (Osservatorio Nazionale delle Liberalizzazioni nelle Infrastrutture e Trasporti), interviene nel nostro dibattito sul trasporto locale e sulle liberalizzazioni. Volentieri pubblichiamo la sua nota sull’argomento.
FONTE : http://www.ferpress.it/?p=44856

Il vivace dibattito aperto da FerPress sulla concorrenza nel trasporto locale offre alcuni spunti per ulteriori approfondimenti. Anche la recente Mobility Conference di Milano è tornata su questo tema. In particolare il Ministro Passera ha ribadito la necessità di indire gare nel TPL. Inoltre ha auspicato la crescita delle aziende italiane per recuperare il gap con le grandi aziende europee, come Keolis, DB, TER, Veolia Transdev e altri.
Il neo ministro dovrebbe sapere che l’auspicata crescita (industriale) delle aziende deve tener conto che la realtà italiana è la seguente: più sono di grandi dimensioni (per addetti e chilometri concessi) più le aziende sono inefficienti e costose. E’ il caso di ATAC, ATM, TRENORD e altre. La pessima regolazione italiana ha consentito che con il crescere delle dimensioni aziendali ( e del mercato su cui operano) crescessero i costi di gestione, evidenziando diseconomie di scala e non economie di scala. A differenza delle tanto vituperate piccole imprese che più son piccole, minori sono i costi e maggiori le prestazioni in termini di chilometri effettuati e dunque offrono maggiore socialità.
Non solo, ma i servizi in subappalto effettuati dalle piccole aziende a costi dimezzati ad integrazione di quelli delle grandi sono spesso indispensabili e consento ottimi margini economici. La grande azienda percepisce un contributo doppio di quello che paga alle piccole ma indispensabili aziende.Tutti guardano alla crescita fisica delle aziende come condizione della loro competitività. Ma così non è. Non è ancora questo il problema.
Basta evidenziare quanto è successo dalla recente fusione di Trenitalia della Lombardia con le Ferrovie Nord Milano. Nel 2001 le due aziende assieme disponevano di 233 milioni/anno di contributi da contratto di servizio per “produrre” 29 milioni di km/treno. Nel 2011 hanno ricevuto come Trenord 376 milioni di euro (+61%) dei contributi, effettuando 38 milioni di km/treno (+30%). La produzione è cresciuta molto meno dell’incremento dei contributi! Ed il contributo a chilometro è passato da 8 euro a 10 euro.
Rispetto alle aziende europee quelle italiane hanno costi più alti, ricavi più bassi, produttività inferiore del 20% e velocità commerciali inferiori sia su strada che su ferro. Questi sono i fondamentali (negativi) delle più grandi aziende italiane rispetto a quelle europee.
Panettoni ieri scriveva: Governo e Banche ci diano più soldi e noi risolveremo il problema. Peccato che negli ultimi decenni di soldi ne sono “volati”letteralmente via una valanga, con i risultati che sono davanti a tutti. In particolare per le municipalizzate le casse venivano rimpinguate per i rinnovi dei contratti integrativi e nuove assunzioni avvenivano puntualmente prima delle elezioni locali, mentre alle ferrovie nuovi servizi universali e nuovi investimenti venivano approvati prima della caduta (quasi annuale) del Governo di turno. Mantenendo questo “vizietto”, solo per ricordarne uno, la serie sarebbe lunga, i campioni nazionali dovrebbero crescere?
Le Regioni sono sempre più protagoniste in negativo della gestione più che della regolazione dei servizi (es.Fer dell’Emilia Romagna o della Lombardia con Trenord), infatti con il decentramento della Bassanini si sono trasferiti pezzi di monopoli di proprietà pubblica dai livelli nazionali a quelli locali. Le Regioni ed i comuni hanno fatto in questi anni poche e brutte gare oppure si sono assegnati i servizi a se stessi cioè alle loro partecipate. Ecco perché diventa decisiva una netta separazione del ruolo di regolatore con quello di gestore dei servizi.
Non solo, sarà decisiva anche la separazione tra Trenitalia e RFI per rendere contendibile il mercato. Moretti dice che bisogna fare con le tracce ferroviarie come per gli slot del trasporto aereo. Peccato che la loro assegnazione negli aeroporti maggiori prevedesse e ancora prevede un ruolo decisivo dei “grand father”(delle vecchie compagnie ex monopoliste) nell’assegnazione degli slot rimasti a disposizione dopo che gli stessi se li sono spartiti tenendosene almeno il 50% nei migliori orari.
Insomma le politiche industriali sono sì centrali ma se c’è un assetto normativo chiaro che riguarda il contesto in cui far gestire il TPL da imprese sempre più efficienti e responsabili. Con un mercato liberalizzato o meno il ruolo del regolatore deve farsi sentire attraverso l’adozione di una efficace cornice normativa dove risorse, responsabilità ed obiettivi sono ben chiari. Per andare avanti senza guardare indietro come vogliono fare manager e politici locali dietro la foglia di fico della dimensione aziendale o meglio clientelare.
Dario Balotta, presidente ONLIT



martedì 24 gennaio 2012

Il sistema viaggia in strada, così bastano due giorni di agitazione e l'Italia va in tilt


(AGENORD) _ Milano, 24 gen _ Il trasporto merci su gomma è il più praticato in Italia. "Negli ultimi 20 anni si è verificato il crollo verticale del trasporto merci su ferrovia". Lo afferma Dario Balotta, presidente Onlit (Osservatorio nazionale delle liberalizzazioni nei trasporti), che prosegue: "Da noi, il
trasporto su rotaia è solo il 7%, contro il 15% della Francia, il 17 della Germania, il 25 della Svizzera e il 45 dell'Austria e là i volumi sono più del doppio. Negli anni hanno chiuso centinaia di scali merci e siamo diventati un Paese monomodale. Il sistema viaggia in strada e autostrada, così bastano due giorni di agitazione e l'Italia va in tilt". Balotta continua affermando che i trasportatori italiani, alla luce di questa situazione, hanno un mercato superiore a quello dei colleghi francesi e tedeschi, quindi "Non dovrebbero lamentarsi". Ma la carenza non è tutta ferroviaria: "Certo che no. C'è un altro grande mercato fornito dal sistema portuale che non funziona. I nostri porti, rispetto a quelli del Nord Europa, lavorano al 20% e loro all'80. Gli autotrasportatori assolvono all'incapacità di gestione delle ferrovie e delle vie del mare". Il presidente Onlit ricorda poi che chi lavora col tir, a fine anno, riceve i rimborsi di autostrada e quote dell'accise. "Spesso e volentieri poi, le norme non sono rispettate soprattutto dai padroncini. Un esempio sono i sovraccarichi, l'alta velocità, il risparmio sulla sicurezza, mentre le ferrovie hanno bisogno di scali, uomini, rete, controlli. E' una situazione da raddrizzare o siamo a rischio Cile". Hanno tutte le colpe?: "No, però se non sono pagati perché il sistema industriale salda dopo 90 giorni e se vanno ai cancelli delle fabbriche e aspettano ore, non è colpa di Monti, ma della logistica, un problema tutto italiano". Cosa fare?: "C'è molto da fare. Manca un'impresa strutturata. Il 50% dei camion, ad esempio, gira vuoto. In Europa la percentuale di chi viaggia scarico è del 5-10%. Il nostro è un sistema fallimentare. I tir che partono carichi da Rotterdam e vanno a Taranto, hanno già un pieno prenotato per il ritorno. Magari vanno a Brindisi, ma caricano. La logistica è migliore. La protesta che hanno messo in piedi i nostri, in un momento come questo, provoca ripercussioni sul sistema. No, non hanno ragione".

LIBERALIZZAZIONI: PARADOSSALE IL RINVIO AUTOSTRADALE E DELLO SCORPORO DI RFI DAL GRUPPO FS

Il Governo Monti è forte con i deboli e debole con i forti. Mentre sulle pensioni  non c’è stato alcun rinvio con le Società Autostrade ed il gruppo FS i rinvii ci sono stati.
Nel capitolo trasporti sarebbe stata opportuna una maggiore incisività per ridurre le rendite di posizione nel settore autostradale da cui derivano extraprofitti enormi alle 23 concessionarie. Nel settore le concessioni sono appena state tutte rinnovate, escluse alcune in scadenza, viene cosi rinviata la riduzione dei pedaggi attraverso l’adozione di un nuovo meccanismo tariffario (price-cap),  l’adeguamento dei ridicoli canoni concessori pagati allo Stato (2% dei ricavi annui) e la possibilità di recuperare
le gravi inefficienze degli standars manutentivi (sicurezza,congestione,servizi e ambiente).
E’  paradossale che non venga richiesta subito una restituzione graduale degli profitti alla comunità in un settore che ha oramai ammortizzato i costi di investimento, ridotto i costi del personale del 10% annuo con l’automatizzazione, incrementato i veicoli trasportati in una rete sempre più congestionata ed aumentato da sempre i pedaggi oltre i tassi d’inflazione godendo di una specie di scala mobile tariffaria cancellata da tempo ai lavoratori dipendenti e ai pensionati.
Il rinvio dello scorporo di RFI dal gruppo FS (che quindi continuerà a gestire reti e treni allo stesso tempo) impedirà una consistente riduzione dei costi che oggi si confondono tra sussidi incrociati e mascherati, assieme alle responsabilità gestionali in un unico inefficiente calderone. Inoltre impedirà a nuovi operatori ferroviari  un completo ingresso sul mercato delle merci (oggi parziale e assoggettato a mille vincoli)  e rinvia totalmente quello del trasporto dei pendolari. Senza questa innovativa riforma ferroviaria i costi pubblici (già fuori controllo), nuove imprese non nasceranno e aumenterà la monomodalità stradale con danni ambientali ancora più evidenti e sempre più tir ed automobili sulle strade.
Dario Balotta
Presidente Onlit 
Milano  23 gennaio 2012

sabato 14 gennaio 2012

Liberalizzazioni: bene Governo su scorporo Rfi

Milano, 13 gen. (Adnkronos) - E' difficile affermare che l'attuale assetto del gruppo Fs "stia portando brillanti risultati. Per questo bene ha fatto il governo Monti ha mettere in agenda lo scorporo di Rfi da Trenitalia". Lo afferma Dario Balotta, Presidente dell'Osservatorio Nazionale delle Liberalizzazioni nelle Infrastrutture e Trasporti (Onlit), in una nota.
Secondo Balotta "la precaria situazione patrimoniale del gruppo Fs non si risana mantenendo nello stesso calderone Rfi, Trenitalia e Fs Logistica. Senza smantellare la holding del gruppo Fs, separando le competenze e i destini di Rfi da quelli di Trenitalia, non si assicurerebbe quella terzieta' del gestore della rete necessaria per evitare barriere all'ingresso alle compagnie ferroviarie che vogliono entrare nel mercato italiano e che lo farebbero senza i lauti sussidi di cui beneficia Trenitalia".
"Per assicurare la crescita delle ferrovie e del comparto dei trasporti - prosegue Balotta - serve una nuova imprenditorialita' e condizioni concorrenziali che attualmente non sono assicurate dai monopoli esistenti".
Secondo Balotta, "i trasferimenti pubblici sono sempre eccessivi ed ammontano a 6 mld anno, non bastano ad assicurare i collegamenti del sud ed i risultati sono sempre piu' deludenti, anche sotto il profilo occupazionale. Il trasporto merci e' da anni in caduta libera (nettamente sotto l media europea) mentre le ferrovie italiane sono le uniche che hanno un saldo negativo nei passeggeri trasportati".
"Infatti negli ultimi 5 anni - continua Balotta - nonostante l'attivazione di mille km di alta velocita' il traffico passeggeri (Tav e tradizionale) e' ancora diminuito del 3%. Al contrario della Francia che nello stesso periodo e' cresciuta del 23%, la Spagna del 14% e la Gran Bretagna, senza neppure un km di Alta Velocita', e' salita del 37%".
Per Balotta "dopo l'abbandono dei treni letto da parte di Trenitalia, un altro gestore della rete, autonomo dal gruppo Fs, si sarebbe preoccupato di proporre l'utilizzo ad altre compagnie ferroviarie delle centinaia di tracce notturne lasciate libere, per non avere una ulteriore sottoutilizzazione della sempre piu' abbandonata rete tradizionale. Mentre invece il contesto monopolista sta permettendo di licenziare gli addetti ai treni letto, che hanno un contratto piu' flessibile e meno costoso di quello dei ferrovieri".