mercoledì 7 marzo 2012

NON SIAMO FUORI DALL’EUROPA SENZA IL TUNNEL IN VAL SUSA

NEL XXI SECOLO LE GRANDI OPERE NON INCARNANO PIU’ LA MODERNITA’ - A MALPENSA L’IMPRIMATUR EUROPEO NON E’ BASTATO
L’Italia non è staccata dal resto d’Europa, anzi già oggi è al centro dei traffici terrestri europei nord-sud ed è già la piattaforma logistica mediterranea del vecchio continente con enormi potenzialità. Non lo è del tutto pero’ i numerosi porti italiani solo parzialmente riescono ad intercettare i traffici tra il nord-Europa ed i paesi emergenti. Ciò è spiegato dai  fondali dei nostri “cento” porti  troppo bassi, rispetto a quelli degli altri grandi porti del mare del nord, dai loro allacciamenti stradali e ferroviari congestionati, dalle banchine troppo corte, da costi di gestione proibitivi, dalla burocrazia e dagli iter doganali scoraggianti, dall’organizzazione logistica tecnologicamente inadeguata e, per finire, dal pressoché impossibile ingresso sulle banchine (vuote) di nuove imprese portuali.
I porti, come i terminal, sono lo specchio dell’inefficiente assetto logistico nazionale che abbassa la capacità competitiva delle nostra economia, frutto di un processo distributivo delle merci congestionato, squilibrato, inquinante e costosissimo come la stessa Banca d’Italia ha più volte dimostrato. Così il transhipment mondiale evita i nostri porti.
 Al presidente del consiglio Mario Monti che dice “Non si stacchi la penisola dall’Europa” chiediamo se si ricorda che gli svizzeri sulla più importante direttrice storica e di prospettiva, quella transalpina, stanno per concludere il tunnel ferroviario del Gottardo. Stiamo per essere agganciati più di ieri con l’Europa a spese (enormi) degli svizzeri, che non vogliono essere più “attraversati” dai Tir. Questo tunnel ritenuto utile da tutta la comunità scientifica dal costo di 14 MLD e lungo 57 km è stato finanziato al 25% con le accise sui carburanti, al 10% dall’Iva e per il 65% con una tassa sul traffico pesante. Perché non finanziamo così anche noi il tunnel in Val Susa? Perché non utilizziamo questo modo di finanziamento anziché il ricorso al debito pubblico. 
Di fronte al nuovo Gottardo che cosa facciamo in Italia? Anziché predisporre un intervento di potenziamento sulle infrastrutture ferroviarie capace di far proseguire i convogli sulla strada ferrata fino ai porti ed ai nostri mercati di consumo veniamo fulminati dalla modernità e pensiamo di superare la crisi con una nuova grande opera. I giapponesi con questa politica si sono infilati in una crisi drammatica. I sostenitori della modernità pensano a politiche economiche anticicliche del ‘900 e pensano che basti un tunnel per uscire dall’accerchiamento e dalla crisi. Invece così entriamo di nuovo nel tunnel della crisi e si vanifica quanto di buono sta facendo il Governo.
Ma perché se già oggi non sappiamo affrontare i futuri (e sicuri) traffici del nord Europa ci dobbiamo svenare in Val Susa per fare un piacere ai francesi? Loro sì sono tagliati fuori dai traffici con il Nord Europa e con l’Est europeo!
Ma vediamo cosa si troveranno gli svizzeri dopo l’apertura del Gottardo. Le Fs hanno chiuso 220 scali merci in 4 anni passando da 396 del 2006 a 176 del 2009. La nostra rete è il fanalino di coda europeo con una quota del 7% di trasporto merci su ferro contro il 14 francese il 15 tedesco e una media UE del 12%. Nel 2008 l’82% dei treni merci ha viaggiato con oltre 60 minuti di ritardo. Ed ecco il perché non siamo fuori dai collegamenti con l’Europa: i transiti stradali e ferroviari tra l’Italia e la Svizzera sono aumentati tra il 2000 e il 2009 del 16%, mentre quelli con la Francia sono crollati del 42%. Difficile pensare sia strategico avere nuove capacità di valico con il tunnel della Val Susa con queste pessime performance e  con una deludente gestione del settore merci di FS Cargo. L’obiettivo prioritario odierno è quello di non essere solo attraversati dai traffici ferroviari e stradali ma di costituire, appunto  una piattaforma logistica che movimenta ed arricchisce il trasporto delle merci alzandone il valore aggiunto riducendone i “soli” transiti sul nostro territorio. 
Infine c’è l’Europa. Non basta il suo Ok per fare opere utili. Un esempio è la Malpensa, voluta senza se e senza ma (anche dal sottoscritto) a costi pubblici e ambientali enormi. A 13 anni dalla sua apertura eccone il bilancio: il traffico di passeggeri è passato dai 20,7 milioni di passeggeri del 2000, ai 19,3milioni del 2011, ma i passeggeri previsti dalla Cranfield University incaricata dalla Ue erano 33 milioni al 2003! C’era la previsione di 143 mila posti di lavoro del Comitato Malpensa 2000, ma oggi ne abbiamo meno di 50 mila. Quel che è ancor più grave è che questa (poca) occupazione è sostenuta
da 5 anni con la cassa integrazione. solo la Fiat sa fare peggio. Peccato che la Sea gestisca  un monopolio naturale. Uno dei nostri più grandi investimenti infrastrutturali del secolo scorso ha prodotto questi meno che modesti risultati! Ancora, di Hub in Italia ce n’è solo uno: Fiumicino. Confrontando i transiti dei passeggeri da un aereo all’altro cioè la vera e  propria funzione di Hub, il numero dei passeggeri di Malpensa è inferiore anche a quella del vecchio scalo di Linate lasciato senza manutenzione perché gli investimenti si sono concentrati su Malpensa. E dopo la costruzione della Malpensa è “esploso” Bergamo e si è aperta un’altra cattedrale nel deserto, lo scalo di Brescia. Si può sbagliare! Basta non essere diabolici e perseverare, se no i nostri pronipoti continueranno a pagare i nostri debiti e le nostre scelte sbagliate.
Dario Balotta
Presidente Onlit
Milano 7 Marzo 2012

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